Una ordinanza pubblicata il 6 marzo 2019 annulla una sentenza del Tar Lazio che accoglieva le eccezioni dell'associazione dei consumatori Codacons verso i Decreti sui divieti di circolazione dei veicoli industriali del 2017 e 2018.
La lunga vicenda del ricorso del Codacons contro i Decreti che istituivano i divieti di circolazione dei veicoli con massa superiore a 7,5 tonnellate, e le relative deroghe, per il 2017 e 2018 è terminata al Consiglio di Stato con una sconfitta dell'associazione dei consumatori che, viceversa, aveva vinto nell'aula del Tar Lazio. Quest'ultimo il 22 maggio del 2018 accolse il ricorso dell'associazione, sostenendo che i divieti non prevedevano limitazioni nei giorni antecedenti e successivi le festività e concedevano eccessiva libertà nel rilascio delle deroghe. Contro la sentenza dei giudici amministrativi si erano appellati il ministero dei Trasporti e le associazioni degli autotrasportatori e il 6 marzo 2019 il Consiglio di Stato ha reso pubblica la sua decisione (ordinanza numero 01539/2019), che annulla la sentenza del Tar e ritiene legittime le norme su divieti e deroghe.
Nella decisione di marzo, il Consiglio di Stato ritiene che debba esserci un bilanciamento tra l'esigenza di vietare la circolazione dei veicoli per motivi di sicurezza e i diritti costituzionali di libera circolazione e d'iniziativa economica. Altrimenti, se prevalessero solo i primi, andrebbe sempre vietata la circolazione dei veicoli pesanti. Il CdS scrive che "la legge demanda questo bilanciamento ad una pluralità di strumenti e metodi: i) in alcuni casi (come per i giorni festivi – articolo 6, comma 1 del 'Codice' -) è effettuato dalla stessa legge in via preventiva e generale, con un divieto di circolazione sostanzialmente generalizzato; ii) in altri casi (come nel caso del decreto ministeriale annuale recante il calendario delle limitazioni – articolo 7 del 'Regolamento' -), tale giudizio è rimesso a un atto amministrativo di contenuto generale; iii) in altri casi ancora (come nel caso degli atti prefettizi che fissano ulteriori e puntuali divieti – articolo 6, comma 1 del 'Codice' – ovvero riconoscono specifiche deroghe – articolo 7 del 'Regolamento' -) il giudizio di bilanciamento è rimesso a valutazioni da effettuare in relazione alle peculiarità del caso concreto, sia pure nel rispetto di indirizzi di fonte ministeriale".
Per quanto riguarda la mancanza di divieti prima e dopo le festività, i giudici affermano che "non emergono in atti i lamentati profili di illegittimità: l'esigenza di valorizzare le particolari condizioni di traffico che possono verificarsi nei giorni precedenti e successivi ai festivi risulta espressamente presa in considerazione nelle interlocuzioni in contraddittorio che hanno preceduto l'adozione dei decreti annuali, nonché nel testo dei decreti medesimi". Inoltre, aggiungono che "fra le venticinque giornate in cui, ai sensi dell'articolo 1, comma 1 del d.m. 439 del 2016, è stata vietata la circolazione dei mezzi pesanti al di fuori dei centri abitati, numerose coincidono con giornate pre-festive e post-festive" e concludono che "la voluntas legis è dunque dichiaratamente contraria all'automatica e indistinta estensione del divieto di circolazione all'intero novero delle giornate pre-festive e post-festive".
Per quanto riguarda le deroghe per particolari tipologie di merce, i giudici non ritengono che i Decreti violino la Legge, anzi "emerge che il ministero appellato abbia bensì tenuto conto di entrambe le esigenze evidenziate dalla sentenza appellata" perché "per la considerazione dei bisogni che le merci trasportate sono idonee a soddisfare, i decreti ministeriali impugnati hanno limitato – e non irragionevolmente – il divieto in relazione a particolari categorie di beni - e quindi, di bisogni essenziali della popolazione - per i quali un indistinto divieto causerebbe pregiudizi diffusi inaccettabili (si pensi al trasporto dei carburanti, dei giornali e periodici, dei prodotti per uso medico o del latte, oggetto di specifiche eccezioni nell'ambito dell'articolo 3 del decreto annuale)".
Il terzo dei motivi di ricorso accolti dal Tar Lazio riguarda la carenza di puntuali e uniformi indicazioni sui criteri e parametri da utilizzare per concedere le eventuali autorizzazioni in deroga al divieto e anche in questo caso, secondo il CdS "non emergono in atti i profili di violazione di legge, difetto di istruttoria e di motivazione rilevati dal primo giudice". A tale proposito i giudici segnalano che durante il primo grado il ministero ha integrato l'articolo 4 del Decreto annuale attraverso l'inserimento di un comma 2-bis, ponendo criteri generali volti ad orientare in modo stringente l'operato delle prefetture attraverso l'individuazione di presupposti e condizioni per la concessone dell'autorizzazione in deroga.
Oltre ad annullare la sentenza del Tar, il Consiglio di Stato ha anche condannato il Codacons a rifondere le spese dei due gradi di giudizio per un totale di tremila euro. Ma l'associazione dei consumatori non si arrende e in una nota diffusa dopo la sentenza annuncia che "avvierà ora un fitto controllo sulle deroghe concesse dai Prefetti nell'ultimo anni ai mezzi pesanti, e denuncerà alle competenti Procure della Repubblica tutti i casi in cui i permessi di circolazione non abbiano rispettato i criteri stabiliti dal ministero e richiamati dallo stesso Consiglio di Stato".
(fonte trasportoeuropa.it)